Escursionismo – Rocciamelone (m.3538) Sabato 23 Luglio 2022

Sabato 23 Luglio si parte per la gita di due giorni organizzata dalla sezione di Novi Ligure del CAI .

La meta prevista è la vetta del monte Rocciamelone, una delle cime più alte e suggestive delle nostre Alpi che si erge a 3538 metri al confine tra la Val di Susa e la Valle di Viù.

Al monte si può giungere attraverso vari sentieri, i responsabili dell’escursionismo della sezione hanno scelto l’itinerario che parte dal parcheggio poco prima del rifugio “la Riposa” e che conduce al Rifugio Ca’ d’Asti (primo rifugio alpino della storia). Lì si pernotterà e il giorno seguente ci sarà la vera e propria ascesa che condurrà al Santuario più alto d’Europa dedicato alla Madonna della neve.

Partiamo dalla sede di Novi con le auto, viaggiamo in autostrada fino a Susa e da lì verso Mompantero lungo una strada lunga 20 km, stretta e impervia, asfaltata solo per un tratto e poi sterrata. Una curva dopo l’altra passiamo attraverso i boschi devastati da un incendio nel 2017; malgrado la zona sia stata ripulita e in parte ripopolata da nuovi alberi, è impressionante quello che ancora si vede e ricorda il disastro avvenuto 5 anni fa.

Finalmente arriviamo al parcheggio già ingombro di vetture, troviamo un buco dove lasciare l’auto, abbandoniamo i comodi sandali nel portabagagli, calziamo gli scarponi, ci buttiamo sulle spalle lo zaino molto più pesante del solito per via del previsto pernottamento e della temperatura che a 2900 metri è sempre fresca. Il sentiero è ben segnalato da vernice bianco/rossa e frecce e iniziamo a salire costantemente attraverso radi pini mughi fino ad un colletto a poca distanza del rifugio  “La Riposa”.

Il percorso è ripido, la salita non molla mai, il sole lascia il posto alle nuvole, a tratti piove e ci fermiamo per mettere i coprizaino, poi torna il sole ma si solleva un vento umido. Fa piacere però, ci godiamo il fresco e le poche gocce di pioggia, a Novi ci sono 40 gradi e qui si respira. In meno di due ore siamo al rifugio Ca’ d’Asti abbarbicato ad uno sperone roccioso. Abbiamo effettuato un dislivello di 800 metri in un percorso di meno di 4 km, non è proprio un gioco da ragazzi, la salita è tosta e il fondo a tratti roccioso. Al rifugio ci danno la camera, siamo in 10 ed è tutta nostra. Qualcuno si allunga sul letto a fare un pisolino, altri escono sul piazzale a prendere il fresco e a fare due chiacchiere, altri ancora esplorano i dintorni.

Dal basso arrivano persone che salgono verso la vetta senza fermarsi al rifugio. E’ quasi sera, l’aria si è rinfrescata parecchio e il sole è nascosto dietro le nuvole grigie, forse stanotte pioverà.

Si torna dentro, il rifugista ha acceso il camino ed è bello mettersi lì davanti per scaldarsi, è bello anche avere freddo, sensazione persa in questa lunga, afosa ed anomala estate.

Dopo la cena tutti fuori ad ammirare i camosci che fanno branco vicino alla cappella sotto il rifugio, e poi ancora dentro perché ci è venuto freddo ma quando le ultime luci del crepuscolo scompaiono, le nuvole se ne sono andate ed è veramente buio, usciamo ancora perché un cielo quasi nero punteggiato da stelle così luminose non si può non ammirare.

Il tempo corre via, nonostante la stanchezza c’è chi si attarda a bere un bicchierino di genepì. Prima di dormire qualcuno esterna i suoi dubbi. Ce la farò domani? Riuscirò ad arrivare in vetta? La salita sarà ancor più dura, e la parte esposta mi farà paura? In quota camminare diventa più difficile, l’ossigeno diminuisce e lo sforzo è maggiore.

La notte passa, tra qualcuno che russa e qualcun altro che si rigira nei sacchi lenzuolo (scomodissimi perché ti avvolgono come il bozzolo fa con il bruco) tra i sospiri di chi non riesce a prender sonno, passa.

Finalmente arriva l’alba, si fa una colazione frugale e si parte.

Si comincia a salire e si sale, si sale, si sale. Fa caldo, la montagna brulla ha un fascino strano, il grigio ferro delle rocce brilla sotto la luce del mattino. Il sentiero che dal rifugio appariva come una flebile traccia si inerpica tra le rocce e a tratti scompare alla vista ma seguendo le  pennellate bianco/rosse non si può sbagliare. Dopo un’oretta arriviamo alla Crocetta a 3306 metri, qualche foto di rito permette anche di riprendere fiato. Ora si intravede la cima, ci siamo quasi! Camminiamo su cenge e roccette abbastanza esposte ma ci sono le catene e oltre a dare sicurezza, diminuiscono la fatica. Qualcuno più mattiniero di noi sta già scendendo e ci dice:- Dai, manca poco, siete quasi in cima!

E poi alla cima arriviamo sul serio, ed è davvero esaltante. Entriamo nella chiesetta: piccola ordinata con tante foto di persone che qualcuno ha  voluto ricordare, poi ringraziamenti ricamati su coccarde colorate. Bello. Sotto l’imponente statua della Madonna (inaugurata il 28 agosto 1899 e realizzata raccogliendo offerte di 130mila bambini) facciamo qualche  foto, poi ammiriamo il panorama sotto di noi. Sul versante ovest c’è il ghiacciaio che purtroppo è ridotto ai minimi termini, si vede anche il lago che si è formato pochi anni fa e che dicono diventi sempre più esteso.

Le nuvole stanno tornando e decidiamo di scendere, con calma perché la discesa a volte in questi contesti è più ardua della salita.

Siamo soddisfatti ed allegri, al Ca’ d’Asti brinderemo alla nostra, seppur piccola, impresa.

E.M.

I commenti sono chiusi.